L'allenatore della Lazio intervistato da Riccardo Magrini
Due miti a confronto, un’intervista vedere e sentire al 100%. Riccardo Magrini, la voce del ciclismo di Eurosport incontra l’allenatore della Lazio Maurizio Sarri, grande appassionato di ciclismo e da giovane anche corridore esordiente:
“La storia comincia da sempre, la mia famiglia è una famiglia di ciclisti, nonno babbo, zii, era normale appassionarsi e andare in bicicletta. L’anomalia per me è stata il calcio, non il ciclismo - inizia Sarri - Ero un buon ciclista e un giocatore mediocre, sentivo la responsabilità di fare i risultati, venendo da una famiglia di ciclisti. Poi tutti i miei amici giocavano a calcio e ho cominciato a giocare a calcio, ma l’amore per il ciclismo è rimasto sempre. Da ciclista ero un passista veloce e mi divertivano tantissimo le discese, oggi sarei un corridore da classiche in Belgio e non da grandi giri, un Van Aert sarebbe un po’ troppo, magari…”
“Il mio primo ricordo del ciclismo è un Giro d’Italia vinto da Gimondi, mi sembra su Anquetil, ma ero piccolino, la fulminata totale me l’ha data Francesco Moser, andavo a giocare e calcolavo le ammonizioni per essere squalificato il giorno della Parigi-Roubaix. Moser l’ho seguito con una passione enorme. Lo trovai una mattina in Versilia in bicicletta, girai e mi misi qualche metro dietro di lui.
Poi un viodeo-saluto proprio di Moser, in cui Sarri si emoziona visibilmente: “Ringrazio Francesco, per me è un’emozione pensare che lui ha dedicato 10 minuti a me e mi manda questi regali, per me lui è stato un idolo e rimarrà un idolo per tutta la vita. Poi dopo c’è stata l’illuminazione totale con Pantani”.
“Noi abbiamo un’età e cominciamo a pensare che il periodo precedente è sempre più bello, ma a differenza di altri sport nel ciclismo c’è la strada e la strada è sempre quella. Ora abbiamo la fortuna di assistere a un periodo bello, con tre, quattro interpreti che rendono la corsa interessante, non solo gli ultimi tre, quattro chilometri. Quello che c’è attualmente io l’ho visto in poche generazioni”.
“Le corse le guardo la notte, aprile è il mese delle classiche e è anche il periodo decisivo della stagione (nel calcio) ndr, quindi cerco di spegnere i telefonini e poi quando ho chiuso con il lavoro, alle nove o alle dieci mi metto lì e mi guardo tutta la tappa. Fra una finale di Champions e la Parigi-Roubaix, guarderei la Parigi-Roubaix tutta la vita.
La differenza fondamentale tra il calcio e il ciclismo è che nel calcio si fa un gioco, nel ciclismo si fa uno sport. Nel calcio può essere più importante l’abilità tecnica di un’espressione fisica al 100%. Nel ciclismo se non vai al massimo dell’espressione fisica, non c’è soluzione, quindi i ragazzi che fanno ciclismo sono molto più attenti ai particolari. Penso che a livello di reintegri e di alimentazione siano molto più avanti rispetto al calcio.
Landismo e Sarrismo sono quelle filosofie bellissime e quasi sempre perdenti, perché il bello è il viaggio, non la meta del viaggio, a noi piace questo viaggio, poi se al termine arriva la vittoria bene, ma non è la sola cosa che conta. I miei preferiti tra i corridori di adesso sono Pogacar e Van Aert, ma anche gli altri nomi sono quelli che rendono il ciclismo spettacolare. Bisognerebbe portare al Giro questi corridori per rendere la corsa più spettacolare, ma al momento la differenza che c'è tra Giro e Tour è come quella che c'è tra Serie A e Premier League.
Siamo un momento in cui siamo in attesa di italiani, abbiamo corridori che possono far bene nelle corse di un giorno, ci manca quello che potrebbe dare visibilità a tutto il sistema ciclismo Italia e potrebbe far appassionare i giovani alla bicicletta”.
GUARDA L’INTERVISTA COMPLETA QUI https://www.eurosport.it/ciclismo/a-ruota-libera-riccardo-magrini-intervista-maurizio-sarri-vi-racconto-il-mio-ciclismo._vid1938561/video.shtml