L'agente si racconta a Fantacycling: dai suoi ragazzi al rapporto con Riis e Lefevere
Chiarezza e determinazione. Sono i punti di forza di Moreno Nicoletti, manager vicentino che dopo aver corso tra i dilettanti fino al 1994, ha poi deciso di diventare procuratore di alcuni dei talenti più interessanti delle due ruote.
Sposato e padre di una ragazza di 21 anni, Nicoletti è stato uno dei primi a credere in un lavoro impegnativo e carico di responsabilità anche grazie al legame con l'ex professionista Bruno Cenghialta (i due sono cugini): “Intorno al 1999/2000 ho conosciuto Claudio Pasqualin, l'agente di Del Piero, con cui è nata una bella amicizia grazie alle nostre uscite in bicicletta. All'inizio ero titubante ma poi ho deciso di intraprendere questa strada seguendo, agli inizi, Filippo Pozzato e Michael Rasmussen”.
E non si è più fermato...
“Ho 'preso' Jakob Fuglsang quando era giovanissimo. Poi ho avuto altri corridori come Finetto, Bandiera, Gatto e il povero Chris Sorensen che è morto lo scorso anno. Oggi lavoro con una dozzina di corridori per una scelta ben precisa, ovvero dedicare il giusto tempo alle loro necessità. E nel ciclismo c'è sempre da fare”.
C'è qualcosa che la differenzia rispetto agli altri?
“Che non ho mai chiamato io un corridore, ma sono sempre stati loro a cercarmi. Io poi ho una filosofia del lavoro molto particolare che consiste nel costante confronto con le mie figure di riferimento, cioè nutrizionisti, preparatori e allenatori, per capire se il percorso proposto nella loro squadra è corretto”.
Ma così non rischia di litigare spesso con i team?
“Quando succede lo faccio sempre a fin di bene”.
Torniamo ai suoi 'ragazzi'. C'è un contratto di cui va più fiero?
“Gli affari sono occasioni che si danno ai corridori. L'operazione più bella è il gruppo che sono riuscito a creare”.
Cominciamo da Fuglsang, grande talento ma l'età si fa sentire?
“Viene da un periodo sfortunato. Voleva fare un grande Tour ma si è spaccato una costola e non l'ha finito. Nel 2023 mi aspetto molto da lui. Anche se ha 38 anni, gli esami fisici dimostrano che ne ha almeno sei in meno. Ricordiamoci che fino a 32 anni ha fatto il gregario per tanti suoi compagni...”.
Poi c'è Alexey Lutsenko, sembra che non abbia ancora fatto vedere tutto il suo potenziale.
“Dopo aver vinto a Jaen, si è rotto spalla e clavicola ma è riuscito a fare una grande classifica al Tour. La sua classe non si discute, ora andiamo a caccia di vittorie”.
E del campione del mondo under 23 Evgenij Fedorov?
“Me l'ha fatto scoprire Manuele Boaro. Ha un motore pazzesco, mi aspetto una top 15 in una classica del Nord e che parli inglese e italiano. Oggi sta facendo pratica, io e Lutsenko gli diamo supporto e gli ricordiamo quanto sia importante essere un'atleta anche fuori dalle corse”.
Nella sua squadra ci sono giovani italiani interessanti?
“Da Malucelli a Delle Vedove fino a Zana e Raccani. Alcuni sono più affermati di altri ma sono realista. Bisogna rimanere con i piedi per terra e chi non è ancora professionista deve crescere con i tempi giusti. Anche perché voglio che i miei corridori durino”.
Che ci dice, invece, di Enrico Battaglin, ancora senza squadra per il 2023, e di Eduardo Sepulveda?
“Battaglin sta pagando quello che gli dicevo negli ultimi anni. Per essere attuale deve sfondarsi di lavoro. Adesso si trova a rincorrere un contratto per dimostrare chi è. Ma lui è un ragazzo intelligente che adesso paga l'aumento dell'offerta di giovani e l'asticella che si è alzata. Di Sepulveda preferisco mantenere un basso profilo perché siamo in dirittura d'arrivo per un nuovo contratto” (anche se qualche giornale ha anticipato l'interesse per lui di una nota squadra belga, ndr).
Come definirebbe l'ambiente del ciclismo?
“Cattivo. Perché se hai corridori forti diventi bello, bravo e gentile. Ma se provi a 'sistemare' quelli che magari non vanno bene come in passato passi per un'altra persona. Sono tutti bravi a fare i contratti dei campioni. Ma se trovi, ad esempio, Sepulveda che ha vinto una tappa al Giro di Turchia non puoi permetterti che non trovi squadra. Ci siamo quasi riusciti”.
Chi stima?
“Bjarne Riis. Con lui il ciclismo è stato ingrato. Quando ho lavorato con la Tinkoff ho collaborato molto con Bjarne, è una bella persona. Poi Patrick Lefevere. Ora andiamo d'accordo ma siamo stati un anno senza parlarci. Lui sa cosa vuole e conosce il ciclismo come pochi altri. E Gianni Savio. Una persona corretta che spero possa riuscire a proseguire l'attività con una squadra di buon livello”.
Quindi va d'accordo con la 'vecchia guardia'?
“Diciamo di sì. Piuttosto di certi giovani team manager che, addirittura, non ti rispondono più al telefono...”.
L.L.
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