20 anni dall'addio a Marco Pantani

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14
Feb
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Il "ricordo" di un ragazzo troppo giovane per poterti ammirare

Non ho mai visto Marco Pantani correre. Non ho ricordi nemmeno relativi a ciò che accadde quella notte di San Valentino di 20 anni fa, su cui si è scritto moltissimo, senza che nulla sia però mai stato chiarito. 

Ho iniziato a seguire tardi il ciclismo, a 14-15 anni; uno sport, rispetto ad altri, molto più complicato da comprendere e da apprezzare. Nel momento in cui però si cominciano a intuire le tattiche e le strategie e, soprattutto, a capire quanta fatica e sofferenza provino gli atleti, è difficile non innamorarsene. È proprio ciò che capitò a me, in particolare grazie al legame che questo sport ha con la montagna: è sui tornanti delle grandi salite che si scrivono le pagine più romantiche e leggendarie della bicicletta. 

Non appena mi avvicinai a questo mondo ascoltai moltissimi aneddoti su Marco: opinionisti, giornalisti e appassionati di ogni genere ricordavano con malinconia quel piccolo atleta romagnolo che aveva lasciato un ricordo indelebile nel cuore di qualunque tifoso. Inizialmente, non capivo il perchè di tutte queste lodi; certo, Pantani aveva vinto un Giro e un Tour nello stesso anno (ultimo a riuscirci), ma i suoi successi prestigiosi si fermano lì e la sua carriera, sotto l'aspetto del palmares, era paragonabile a quella di altri corridori dimenticati.

Piano piano, leggendo libri e guardando video delle sue imprese, iniziai però a comprendere i motivi di tanto affetto: quel ragazzo, fragile all'apparenza e anche nell'animo, aveva il dono di far emozionare chiunque alzandosi semplicemente sui pedali della sua bicicletta. E la gente, nello sport in particolar modo, prima ancora delle vittorie, ricorda le emozioni che un atleta riesce a trasmettere.

Quando nell'estate 2021 andai in bici a Carpegna, LA sua salita, compresi totalmente chi era Marco e cos'era stato per il ciclismo: scritte, monumenti, fotografie... un'intera montagna dedicata a un solo uomo, un luogo in cui si respira l'autentica passione per lo sport e per la fatica. Gli omaggi al pirata sono sparsi ovunque per l'Italia, uno in particolare mi ha sempre colpito: una scritta, su un tornante della salita di Onno, una delle più frequentate del Triangolo Lariano, che recita "Pantani vive ancora", dipinta in giallo, come la maglia che conquistò a Les Deux Alpes, in quella magica estate del '98. 

Pantani vive ancora, non solo nei cuori di chi lo ha visto volare, trionfare e poi cadere, ma anche in chi ha solo sentito parlare di lui e se ne è ugualmente innamorato. È proprio questa la sua grandezza: riuscire a essere ricordato e amato anche da chi non lo ha mai visto dal vivo. 

Ciao Marco, grazie per tutto quello che hai dato a questo meraviglioso sport. 20 anni dopo vivi ancora.


Un tuo tifoso che non ti ha mai visto correre.