Alex Carera a Fantacycling: "I miei nomi per il 2023"

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30
Nov
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Il manager racconta le sue stelle Pogacar e Girmay

Parlare di Johnny e Alex Carera significa ripercorrere la storia ciclistica degli ultimi 25 anni. I due fratelli, titolari di A&J All Sports, sono stati infatti tra i primi procuratori di corridori professionisti.

Un'ascesa partita nel 1997 che non si è mai fermata, una vita parallela dedicata alle due ruote, e a scoprire talenti, che ha consentito all'agenzia di diventare un colosso del management sportivo con le sue undici figure di riferimento (tra cui i figli di Johnny, Lorenzo, Anna e Carola) e l'ex prof Andrea Noè. 

Oggi conta un roster di una sessantina di atleti (non solo ciclisti), con una rappresentanza femminile sempre più numerosa, campioni affermati (Tadej Pogacar su tutti) e giovani molto interessanti dal futuro roseo. E con un palmares di tutto rispetto: 5 Giri d'Italia, 4 Tour de France, 14 medaglie olimpiche e 44 Mondiali in varie discipline.

Fantacycling ha intervistato Alex Carera, 47 anni, manager dalla grande esperienza e profondo conoscitore dell'ambiente.

Alex, il vostro mondo è cambiato completamente rispetto al passato?

“Sì, non c'era il World Tour, le squadre erano di quattro nazioni e il calendario era più corto con meno gare. Si partiva al Laigueglia e si chiudeva con il Lombardia. Il ciclismo era meno internazionale. Oggi ci sono campioni di nazioni diverse, tutto si è mondializzato. E i contratti firmati dai corridori erano annuali o biennali, oggi si firma anche per sei anni”.

Con stipendi decisamente migliori...

“Più che altro la forbice si è allargata. Chi guadagna bene lo fa già da giovanissimo, prima si partiva a 26 anni, oggi a 21. Un'età in cui gestire il rapporto con il denaro è più difficile”.

Il vostro roster non è troppo corposo?

“Non conta la quantità, conta che ogni singolo talent scout gestisca l'atleta. E ognuno di noi si occupa dai 10 ai 15 professionisti. La cosa importante è offrire un servizio a 360 gradi, sette giorni su sette, cosa che noi facciamo”.

Le piace il ciclismo di oggi?

“I campioni che ci sono attualmente rendono più spettacolari le corse, e non sto parlando solo dei miei. Oggi si parte a tutta e, a differenza di qualche anno fa, le gare 'scoppiano' già ai -100 km dall'arrivo. Qualcosa comunque cambierei, ad esempio alcuni punteggi che si assegnano nelle classifiche internazionali non sono molto veritieri”.

E poi c'è il ciclismo italiano a caccia del nuovo Nibali, è tutta colpa della mancanza di una squadra World Tour che ci rappresenti?

“E' da miopi guardare solo al ciclismo italiano, io parlerei di problemi nello sport italiano. Detto questo mancano tre cose importanti: la sicurezza sulle strade che possa invogliare i genitori a far praticare il ciclismo ai figli, il ciclismo nelle scuole e lo spazio che i giornali sportivi e i quotidiani danno alla disciplina”.

Avete rappresentato Vincenzo Nibali per quasi vent'anni, cosa pensa della sua nuova avventura come consulente tecnico del team Q36.5?

“La grande fortuna per il ciclismo mondiale è di non perdere la sua esperienza. Credo che potrà diventare un grande manager perché ha voglia di imparare e di mettersi in gioco. Deve farsi le ossa ma lo farà perché è preparato per questo ruolo. Certo, dovrà fare dei sacrifici diversi. Se ora sarà più libero davanti ad un piatto, con il telefono, con cui non ha mai avuto un bel rapporto, dovrà avere un legame diverso rispetto a prima”.

Parliamo di Tadej Pogacar, un suo pregio e un suo difetto?

“E' un leader carismatico nato. Il difetto, ora, non mi viene in mente...”.

Lo vedremo presto al Giro d'Italia?

“Ha già stilato il programma della prossima stagione in cui andrà all'assalto del terzo Tour de France della sua carriera. Posso dire che il Giro lo correrà, prima o poi”.

Biniam Girmay è un altro grande talento che avete scoperto, qual è il segreto?

“Da juniores è stato l'unico a battere Evenepoel in un anno. E alla prima corsa in Europa, da prof, era stato battuto solo da Ciccone. Era il 2020. Per uno che si intende di ciclismo non era difficile capirne le doti. E poi lui, a differenza di altri connazionali, ha affinato doti fisiche straordinarie e ha grandi capacità nel guidare magistralmente la bici. Sono convinto che diventerà il personaggio emergente del ciclismo mondiale”.

Chi dei vostri giovani farà un grande 2023?

“Faccio quattro nomi. Kevin Colleoni ed Edoardo Zambanini sono due corridori che possono fare il salto di qualità. Il terzo è Antonio Tiberi che ha le carte per fare bene. Infine Alessandro Fancellu, è una scommessa che ha avuto molta sfortuna in passato. Credo che debba ancora dimostrare il suo reale valore”.

Avete puntato sulle  campionesse del mondo in pista e su altre atlete di primo piano. Il ciclismo femminile vi sta dando soddisfazioni?

“I numeri di visibilità sono in fortissima crescita ed è giusto che le aziende investano anche sulle donne che fanno una fatica enorme come gli uomini partecipando a gare che ripercorrono i percorsi maschili. Crediamo in loro, meritano un servizio a 360 gradi come i colleghi uomini”.

Come è cambiata la percezione nei confronti dei manager?

“Vent'anni fa ci odiavano...c'erano squadre general manager che non volevano parlare con gli agenti, uno francese in particolare. Oggi abbiamo un rapporto professionale con i vari direttori dei team. Diciamo che ci sopportano (dice sorridendo, ndr)”.

Cosa le piace e cosa odia del suo lavoro?

“Adoro scoprire un talento, seguirlo da giovane e portarlo in cima al mondo. Ho avuto la fortuna di riuscirci più volte ed è sempre un'emozione incredibile perché fai il percorso al suo fianco. Purtroppo il lato negativo è quando devi chiamare un atleta e dirgli che non si riesce a trovare una sistemazione perché nessuno crede in lui. Purtroppo mi è capitato”.

L.L.

Fantacycling (@fantacycling_official) • Foto e video di Instagram