Florian Sénéchal gli lanciò la volata e poi fu il primo a correre da lui; gli alzò la testa "per evitare che il sangue tornasse al cervello" e si accorse che Fabio Jakobsen "aveva il volto totalmente distrutto, non si riconosceva, come se avesse preso una granata in faccia". Il francese aveva i guanti pieni di sangue, ma non perse la calma e salvò la vita al compagno di squadra. Durante lo sprint della prima tappa del Giro di Polonia, lo scorso agosto a Cracovia, l’olandese della Deceuninck-Quick Step finì a ottanta all’ora contro le barriere per una manovra spericolata di Dylan Groenewegen, squalificato per questo fino a maggio.

Meno di un anno dopo Jakobsen torna in gruppo al Giro di Turchia, come scrive Gaétan Scherrer per l’Équipe con “un grande sorriso da cui non spuntano denti”. Un sorriso che abbiamo rischiato di non rivedere mai più, perché Fabio Jakobsen quel giorno, rischiò di morire. Invece è qui, di nuovo in gruppo, pronto a sprintare di nuovo. Ciro Scognamiglio per la Gazzetta dello sport ricorda che “il piccolo Fabio giocava spesso a dama con papà e non perdeva mai”. Questo è lo spirito del 24enne. "Il 50 per cento di me - ha detto Jakobsen ieri via zoom - è sicuro che tornerò a vincere, l'altro 50% invece non ne è così convinto. Quando ero tornato dalla Polonia, non potevo lavarmi da solo, e neppure mangiare". Ci sarà tempo per convincere quel 50% che tutto è ancora possibile: "Sono caduto a causa di un errore - ha detto ancora Jakobsen - e deve tornarmi la fiducia nel fatto che ogni corridore gareggi in modo corretto e onesto. È importante, è ciò che rende lo sport bellissimo". Bentornato in gruppo Fabio! 

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