Dalla vittoria di Hindley alle delusioni più grandi; tutta la magia della corsa rosa
Il giorno dopo resta sempre un velo di tristezza. Per tre settimane il rosa ci ha avvolto il cuore e lo ha fatto palpitare pedalata dopo pedalata. Forse non sarà stato il Giro d’Italia più spettacolare di sempre, ma in ogni caso, la corsa ha avuto qualcosa da dire, come sempre.
C’è stata la sfida tra i big, scontata fino agli ultimi tre chilometri della ventesima tappa, e poi accesa in un attimo dallo scatto perentorio del giovane Hindley, che ha affondato i sogni di Carapaz. È stato il Giro in cui Landa ha vinto contro la sfortuna, ma si è confermato quello di sempre: bello, ma incompleto.
È stata la corsa di Vincenzo Nibali che ha dato l’addio, in lacrime, nella sua Messina e poi si è confermato un eterno campione, concludendo con un quarto posto che profuma di impresa.
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Poi, Pozzovivo, che dire di lui, un uomo vero ancor prima che un corridore. Uno che lotta contro il destino per riuscire a fare ciò che ama di più.
C’è stato Van der Poel e per chi se lo è saputo godere è stato uno spettacolo. La prima maglia rosa è andata a lui, insieme a una vittoria di tappa fantastica; dopo ha provato in tutti i modi a vincere ancora, animando la corsa anche sui terreni meno adatti a lui e non ha caso si è meritato il premio della combattività. Quando non poteva lottare per il successo, Mathieu ha esaltato i tifosi con acrobazie in bici degne del più grande acrobata; insomma, un campione che ha impreziosito e onorato il nostro Giro.
Come non ricordare “Bini” Girmay, il primo africano a vincere una tappa alla corsa rosa. Dopo il successo la beffa del ritiro, anche in modo grottesco, per il tappo dello spumante finito nell’occhio durante la premiazione. Peccato, potevamo vedere ancora qualche spunto vincente, ma in fondo va bene così; abbiamo scoperto un nuovo campione.
Abbiamo avuto la conferma di Arnaud Démare, splendido in maglia ciclamino e la sorpresa di Koen Bouwman, che ha vinto la maglia blu di miglior scalatore e ha conquistato due tappe.
Come dimenticare poi Juan Pedro Lopez, che ha agguantato la maglia rosa sull’Etna e l’ha lasciata, cono onore, a Torino. Alla fine però, lo spagnolo della Trek Segafredo, ha conquistato la maglia bianca di miglior giovane, niente male.
Ci sono stati i successi italiani: Dainese, Oldani, Ciccone, Covi e Sobrero. Non avremo un uomo in grado di competere per la vittoria finale, ma qualche sprazzo c’è e dobbiamo ripartire da qui.
È stato il Giro delle delusioni, immancabili, da Miguel Angel Lopez, subito ritirato, a Dumoulin che non è più quello di un tempo, passando per Bardet, ancora una volta fermato da un problema fisico, fino a Simon Yates. Il britannico non è stato in grado di lottare per la classifica, ma prima di ritirarsi ha comunque piazzato due successi di tappa, uno nella cronometro di Budapest e uno nella tappa più bella, quella di Torino.
Lampi che hanno animato un altro Giro che resta nei nostri ricordi. Oggi i coriandoli della festa vengono già spazzati via, ma resta nell’aria il profumo unico di una passione che non muore mai.
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