Raimondo Scimone: "Pozzovivo motivato per continuare"

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27
Nov
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Parla il manager: "Obiettivo è restare nel World Tour"

Da semplice appassionato di ciclismo ad un lavoro, sempre nel mondo delle due ruote, che lo ha assorbito a tempo pieno. 

È la storia di Raimondo Scimone, 58 anni, procuratore che dopo aver seguito molti corridori stranieri, in particolare russi, si è dedicato agli italiani e alle loro principali esigenze. Oggi nel suo roster ha 27 ciclisti di tutte le età, tra cui molti talenti che cercheranno di farsi valere nel prossimo futuro, e atleti già affermati come Domenico Pozzovivo e Alessandro De Marchi (con lui nella foto).

Originario di Vicenza, Scimone vive a Modena ma è sempre in viaggio per essere nel vivo delle trattative.

La sua è una passione sbocciata tardi ma è stato uno dei primi manager italiani, vero?

“Sì, ho cominciato a lavorare nel 2002 dopo qualche anno da semplice frequentatore di corse. Ho individuato quella che poteva essere un'area di intervento che, a quei tempi, non era presidiata a sufficienza. Ed esperienze lavorative in famiglia (suo padre era commercialista, ndr) mi hanno convinto a gettarmi nella mischia”.

Alberto Ongarato è stato il suo primo corridore. Poi è arrivata la 'valanga' russa, come è nato questo rapporto?

“In fase di acquisizione avevo preso due corridori russi che hanno sparso il mio nome. Si è così creata una comunità spontanea composta, tra gli altri, da Menchov e Kolobnev. Nel corso degli ultimi anni questa colonia è un po' sparita ma è rimasto l'affetto verso diversi ciclisti provenienti da quel Paese”,

Cosa le piace del suo mestiere?

“Stare dietro le quinte delle trattative non è male, ma non mi piace essere una sorta di 'clandestino'. Per fortuna da quando ho cominciato la figura del procuratore è cambiata molto, c'è stato il riconoscimento ufficiale dell'Uci così come da parte delle federazioni nazionali. Questo ci ha portato ad essere tutelati e rispettati”.

Quindi è tutto bellissimo?

“Una grande dinamica è l'aumento di agenti. Prima eravamo quattro gatti, ora questa figura è dilagata. Il che può essere positivo per il libero mercato ma la torta non si è ingrandita. Sicuramente c'è lo stimolo a fare meglio della concorrenza”.

Immagino che la fase di trattativa sia la più complicata.

“Intanto preciso che le regole riguardanti le cose da fare quando si stipula un contratto ci sono e tutti noi le abbiamo chiare in mente. La difficoltà maggiore è trovare una squadra per un corridore che non ha i risultati auspicati o seguire un ragazzo neo professionista che, tra i 'grandi', va a muovere determinate forme burocratiche come assicurazioni o diverse fiscalità nei paesi dove si va a correre”.

Com'è il rapporto con i suoi colleghi?

“C'è lotta con il coltello tra i denti (ride, ndr)”.

Come è composto il suo 'roster'?

“L'obiettivo è avere un parco assistiti più omogeneo possibile. La parola chiave deve essere diversificazione, soprattutto per età”.

Lei è stato agente e grande amico di Michele Scarponi. Che ricordo ha di lui?

“Per me era un fratello. L'ho seguito da neo professionista, era il 2005. Mi manca umanamente perché era nata una amicizia più che fraterna”.

Con i corridori si diventa amici?

“Ognuno ha il suo carattere. Può essere normale che nasca una confidenza da cui si arriva all'amicizia. Io cerco di darmi una linea comportamentale, prima vengono gli obblighi professionali e poi spazio a ciò che viene con il tempo”.

Devo chiederle di Pozzovivo, con chi correrà l'anno prossimo?

“Lo sapete già, ci sono trattative avviate con la sua attuale squadra (Intermarché, ndr) che però non ha un budget tale da poter fare una certa offerta. C'è qualche alternativa su cui stiamo lavorando ma la preferenza di Pozzo è di restare nel World Tour”.

Tra i team interessati c'è anche la squadra di cui è testimonial il suo amico Vincenzo Nibali, la Q36.5?

“E' una delle possibilità, in particolare per la presenza nel progetto di Douglas Ryder, che ha lavorato con Domenico alla Qhubeka”.

Domenico vuole comunque proseguire la carriera?

“Alla sua età, 40 anni che compirà mercoledì, ha ancora una costanza di rendimento che fa paura, basti pensare al Giro d'Italia o all'Emilia dove è arrivato alle spalle di due fenomeni del ciclismo moderno come Mas e Pogacar. Lui mi ha detto che è più motivato dello scorso anno”.

De Marchi invece ha firmato con la Bike Exchange. Che ruolo avrà?

“Da corridore esperto, con la sua forte personalità riconosciuta in gruppo, avrà il compito di seguire i giovani della squadra ma anche di togliersi qualche soddisfazione. D'altronde ha ancora un'ottima integrità fisica”.

Ci faccia qualche nome da seguire con attenzione nel 2023.

“Dopo una stagione negativa mi aspetto molto da Matteo Fabbro, che comincia ad avere l'età giusta per fare qualcosa di importante. Poi un bel consolidamento di Giovanni Aleotti. Vediamo Christian Scaroni che correrà in Astana, anche se manca solo l'ufficialità, e Nicolò Buratti. Un ragazzo di 21 anni che corre per il Cycling Team Friuli e che ha firmato per il 2024 con la Bahrain. Ha potenzialità incredibili”.

In chiusura, il ciclismo italiano è così malato?

“Non può essersi intorpidito di colpo, tutto è legato all'assenza di squadre italiane di alto livello che impedisce ai nostri giovani di sbocciare e di mettersi in mostra. Non credo sia colpa dei corridori”.

L.L.

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